Iscrizione al bollettino settimanale

Il testamento di San Pio X

 

 

Pius X

Di seguito il discorso che San Pio X tenne ai nuovi Cardinali il 28 maggio 1914, nell’imporre loro la berretta cardinalizia. Essendo morto il successivo 20 agosto, si tratta in un certo senso del suo testamento spirituale, come nota lo storico Emile Poulat (Intégrisme et catholicisme intégral, Casterman, 1969, p. 455).

Il discorso che il Santo Pontefice rivolgeva ai nuovi porporati era esplicitamente e dichiaratamente favorevole ai cosiddetti “cattolici integrali”, come scrisse Mons. Benigni ai membri del Sodalitium Pianum il successivo 29 maggio. Lo dirà lo stesso Pio X allo storico Von Pastor, ricevendolo in udienza privata il 30 maggio:

“Ho parlato chiaramente, prendendo partito per gli Integrali, ho esplicitamente messo l’accento sull’integrata fide”.

Il giorno seguente Von Pastor notò nel suo diario: “L’allocuzione del 27 maggio è un chiaro avvertimento a tutti i vescovi che si sono pronunciati contro la tendenza integrale. Non vi è alcun dubbio sul dolore che cagionano al Santo Padre e sui danni che ne risulteranno per la causa cattolica. L’allocuzione è anche una energica manifestazione in favore della Stampa integrale e intransigente”.

San Pio X – lungi dal credere scomparso e vinto il Modernismo – lo vedeva crescere minaccioso, non solo presso i semplici marinai o i piloti, ma presso gli stessi capitani della barca ecclesiastica. Un Modernismo che, abbandonati per il momento le questioni dogmatiche, troppo pericolose, diventava per sopravvivere Modernismo sociale, difendendo la non confessionalità di partiti, sindacati e associazioni.

Purtroppo, molti dei presenti non ascoltarono queste ultime volontà del Papa, e aprirono il primo spiraglio all’attuale rovina spirituale che ci sforziamo, seguendo le direttive di San Pio X, di combattere con l’aiuto di Dio.

Il testo è stato pubblicato negli Acta Apostolicae Sedis (AAS 28 maggio 1914, anno VI, vol. VI, n. 8 pp. 260-262) in lingua italiana.

 

“Il grave dolore”. Allocutio habita in occasione impositionis bireti novis cardinalibus die XXVII maii

Il grave dolore, provato dopo il Concistoro del 1911 per la perdita di tanti ottimi Cardinali, fu in qualche modo temperato dal conforto d’aver potuto riempire quel vuoto, ascrivendo ieri l’altro al sacro Collegio Voi, o miei Figli diletti.

Le prerogative di pietà, di dottrina e di zelo, che Vi distinguono, e soprattutto la devozione, che professate a questa santa Sede apostolica, mi assicurano che mi sarete di valido aiuto per mantenere intatto il deposito della Fede, per custodire l’ecclesiastica disciplina, e per resistere ai subdoli assalti, a cui è fatta segno la Chiesa, non tanto per parte di aperti nemici, ma specialmente degli stessi suoi figli.

Che se è dovuto all’indomabile fermezza dei nostri padri, alla loro sollecita vigilanza, alla loro gelosa premura, e alla loro delicatezza direi quasi verginale in materia di dottrina il trionfo della Chiesa in tutti i pericoli e in tutti gli assalti mossi contro di essa nel corso dei secoli, forse in nessun tempo fu tanto necessario tener d’occhio questo sacro deposito, affinché ne sia mantenuta l’integrità e la purezza.

Siamo purtroppo in un tempo, in cui con molta facilità si fa buon viso, e si adottano certe idee di conciliazione della Fede con lo spirito moderno, idee, che conducono molto più lontano che non si pensi, non solamente all’affievolimento, ma alla perdita totale della Fede.

Non fa più meraviglia il sentire chi si diletta delle parole assai vaghe di aspirazioni moderne, di forza del progresso e della civiltà, affermando l’esistenza di una coscienza laica, d’una coscienza politica opposta alla coscienza della Chiesa, contro la quale si pretende al diritto e al dovere di reagire, per correggerla e raddrizzarla.

Non è nuovo l’incontrarsi in persone, che mettono fuori dubbi, e incertezze sulle verità e anche affermazioni ostinate sopra errori manifesti, cento volte condannati, e ciò nonostante si persuadono di non essersi mai allontanate dalla Chiesa, perché qualche volta hanno eseguite le pratiche cristiane.

Oh! quanti naviganti, quanti piloti, e, Dio non voglia, quanti capitani facendo fidanza con le novità profane e con la scienza bugiarda del tempo, anziché arrivare al porto, hanno fatto naufragio!

Fra tanti pericoli, in ogni contingenza, non ho mancato di far sentire la mia voce per richiamare gli erranti, per segnalare i danni, e per tracciare ai cattolici la via da seguire. Ma non sempre, nè da tutti fu bene intesa e interpretata la mia parola, quantunque chiara e precisa.

Anzi non pochi, seguendo l’esempio funesto degli avversari, che spargono zizzania nel campo del Signore per portarvi la confusione e il disordine, non si peritarono di darle arbitrarie interpretazioni, attribuendole un significato affatto contrario a quello voluto dal Papa e ritenendo come sanzione il prudente silenzio.

Ed in queste dure condizioni ho proprio bisogno del valido ed efficace concorso dell’opera vostra, o miei Figli diletti, tanto nelle varie diocesi alle quali con la dispensa papale farete ritorno, come nella Curia e nelle Congregazioni Romane, perché per la dignità alla quale siete innalzati, uniti di mente e di cuore al Papa, siate tra i primi difensori della sana dottrina, fra i primi maestri della verità, i banditori dei precisi voleri del Papa.

Predicate a tutti, ma specialmente agli ecclesiastici ed agli altri religiosi, che niente tanto dispiace a Nostro Signore Gesù Cristo e quindi al Suo Vicario, quanto la discordia in fatto di dottrina, perché nelle disunioni e nelle contese Satana mena sempre trionfo, e domina sui redenti.

Per conservare l’unione nella integrità della dottrina, premunite specialmente i sacerdoti dalla frequenza di persone di fede sospetta e dalla lettura di libri e giornali, non dirò pessimi, dai quali rifugge ogni onesto, ma anche di quelli che non siano in tutto approvati dalla Chiesa, perché è micidiale l’aria che si respira, ed è impossibile maneggiare la pece e non restarne inquinati.

Se mai Vi incontraste in coloro che si vantano credenti, devoti al Papa, e vogliono essere cattolici ma avrebbero per massimo insulto l’essere detti clericali, dite solennemente che figli devoti del Papa sono quelli che obbediscono alla sua parola ed in tutto lo seguono, e non coloro, che studiano i mezzi per eluderne gli ordini, o per obbligarlo con insistenze degne di miglior causa ad esenzioni o dispense tanto più dolorose quanto più sono di danno e di scandalo.

Non cessate mai di ripetere che, se il Papa ama ed approva le associazioni cattoliche, che hanno di mira anche il bene materiale, ha sempre inculcato che deve avere in esse la prevalenza il bene morale e religioso, e che al giusto e lodevole intento di migliorare le sorti dell’operaio e del contadino dev’essere sempre unito l’amore della giustizia e l’uso dei mezzi legittimi per mantenere tra le varie classi sociali l’armonia e la pace.

Dite chiaramente che le associazioni miste, le alleanze coi non cattolici per il benessere materiale a certe determinate condizioni sono permesse, ma che il Papa predilige quelle unioni di fedeli, che deposto ogni umano rispetto e chiuse le orecchie ad ogni contraria lusinga o minaccia, si stringono intorno a quella bandiera, che, per quanto combattuta, è la più splendida e gloriosa, perché è la bandiera della Chiesa.

Questo è il campo, o miei Figli diletti, nel quale dovete esercitare la vostra attività ed il vostro zelo. Ma poiché a nulla vale il nostro lavoro se non sia dal Cielo benedetto, preghiamo Nostro Signore Gesù Cristo, che strinse e suggellò col Suo Sangue l’universale fratellanza del genere umano, e raccolse tutti coloro, che erano per credere in Lui come in una sola famiglia, a coordinare per l’opera nostra le intelligenze e le volontà di tutti con tale perfezione di concordia che tutti i figli della Chiesa siano una cosa sola fra di loro come una cosa sono Egli ed il Padre.

Ed in questa speranza, Vi impartisco con effusione di cuore l’Apostolica Benedizione

 

 

 

 


Fonte: Sodalitium.biz e Centro Studi Federici

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