La gelosia insinuò per lungo tempo che il Cardinal Merry del Val doveva la sua prodigiosa ascesa al privilegio della sua nascita. Che rapida carriera per coloro che non vedono che questo! Cameriere segreto, segretario delle missioni a Londra e a Berlino, monsignore ancor prima della sua ordinazione sacerdotale (a 22 anni!), segretario di una missione straordinaria alla Corte Imperiale di Vienna (a 24 anni), ablegato in Ungheria (a 28 anni), delegato in Canada (a 32 anni), presidente dell'Accademia dei Nobili Ecclesiastici (a 34 anni), Arcivescovo a 35 anni, Cardinale e Segretario di Stato a 38 anni...Se si fosse saputo!... Se si fosse visto che, lungi dal ricercare gli onori, egli li aveva rifiutati ("Dal desiderio di essere esaltato, liberatemi, o Gesù" scriverà più tardi nelle sue Litanie dell'umiltà).
Nato il 10 ottobre 1865, secondogenito del marchese Raphael Merry del Val, noto diplomatico spagnolo di origine irlandese, e da madre inglese, è di sangue nobile e "plurinazionale"; la famiglia Merry del Val si onorava di contare un martire tra i suoi antenati: Domenichino del Val che a sette anni fu crocifisso dagli Ebrei ad un muro della cattedrale di Saragozza, in odio alla religione cristiana, il Venerdì Santo del 1250.
Fin dalla prima infanzia, è educato nei più profondi sentimenti cristiani dalla sua piissima madre. Così alla presenza della nurse che l'accompagna dai suoi genitori per dare la buona notte, caccia fuori dalla tasca un biscotto e, sollevandolo in alto, mormora: "Farò lo stesso con l'Ostia quando sarò prete".
Sarà prete dopo i brillanti studi fatti prima in Inghilterra, poi a Roma poiché Leone XIII avendolo incontrato nel corso di un'udienza ai suoi genitori insiste che il giovane continui i suoi studi all'Accademia dei Nobili Ecclesiastici, Istituto che preparava ai più alti incarichi diplomatici ecclesiastici.
A partire dal 1889, gli incarichi piovono e inquietano l'ardente giovane desideroso di apostolato più che di arte diplomatica: "Da mihi animas, coetera tolle" (Datemi le anime, toglietemi il resto): la passione della sua vita! Non poteva prevedere gli eventi.
I - IN PRESENZA DI UN SANTO
UN INCONTRO INDIMENTICABILE
II 20 luglio 1903, moriva Leone XIII. Monsignor Merry del Val, dopo la morte improvvisa di Mons. Volpini, è nominato dal Decano del Sacro Collegio segretario del Conclave, a causa non solo delle sue indiscutibili qualità ma ancora più a motivo delle sue belle virtù «che gli avevano acquistato a Roma e fuori Roma, la fama di un prete animato dallo spirito di Dio». Fu nel corso del Conclave che ebbe luogo il primo incontro con S. Pio X: «Per quanto strano ciò possa sembrare, scriverà molti anni dopo, io non avevo mai incontrato sua Em.za il Card. Giuseppe Sarto».
Il Conclave, sembrava non potesse avere una soluzione rapida, se il Card. Sarto, nonostante il numero di suffragi in suo favore, persisteva nel suo rifiuto fermo ed energico di diventare Papa. In questa situazione che rischiava di trascinarsi per molto tempo, Mons. Merry del Val fu mandato dal Decano al Card. Sarto: «Era circa mezzogiorno quando entrai nella silenziosa ed oscura cappella. Scorsi il Cardinale inginocchiato sul pavimento di marmo, a breve distanza dell'altare, assorto in profonda preghiera, con la testa tra le mani. Mi inginocchiai al suo fianco, e a voce bassa gli manifestai la commissione affidatami. Subito copiose lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Davanti a così grande angoscia trattenni quasi il respiro nell'attesa di una sua risposta. Era la prima volta che avvicinavo il Cardinale Sarto e sentii di essere alla presenza di un Santo».
PRIMA UDIENZA: "RESTI MONSIGNORE!"
«Io vidi il Santo Padre solo a sera molto inoltrata e pensai di licenziarmi. Poiché il mio compito come Segretario del Sacro Collegio era terminato, rimaneva soltanto l'ultimo mio dovere di presentare in quella sera alla firma del Papa le Lettere indirizzate ai Sovrani e ai Capi di Stato per annunziare ufficialmente la sua elezione.
Salii alla sua camera privata al terzo piano - quella stessa che aveva occupato durante il Conclave - mentre l'orologio del Cortile di San Damaso suonava le otto e mezzo. Trovai il Santo Padre seduto al suo tavolo che recitava il Breviario. Sapevo bene quanto egli dovesse sentirsi stanco dopo quella lunga e memoranda giornata e mi rincresceva di disturbarlo. Mi accolse con un sorriso, e, quando io mi inginocchiai per baciargli la mano, Lo pregai di volermi scusare se gli aumentavo la fatica.
«Ma sì, ma sì, Monsignore» rispose delicatamente ed aggiunse subito: -E lei, forse non è stanco? Ho veduto con quanto ardore si è dedicato al Suo lavoro in questi giorni.
Questa inaspettata risposta mi rivelò quella sua caratteristica che poi io dovevo così spesso notare, per la quale egli pensava costantemente agli altri. Mi sembrava quasi incredibile che in quel giorno, dopo tante emozioni, egli avesse dimenticato così presto se stesso ed avesse invece fermato la sua attenzione a considerare non la sua, ma la mia modesta fatica. Non avevo io fatto soltanto quello che ogni altro avrebbe fatto nelle medesime circostanze?».
Il Vescovo gli manifestò in seguito il desiderio di lasciare il Vaticano per riprendere la sua funzione di Presidente dei Nobili Ecclesiastici. Al che il Santo Padre mostrò il suo stupore con un gesto espressivo e, posando la mano sulla sua spalla, gli disse quasi in tono di rimprovero:
«Monsignore mi vuole abbandonare? No, no, resti con me. Non ho deciso nulla ancora, non so che cosa farò. Per ora non ho nessuno; rimanga con me come pro-Segretario di Stato... poi vedremo. Mi faccia questa carità».
La parola è detta; San Pio X ha indovinato il disinteresse del Cardinale. È nata una solida amicizia che sarà il fondamento e la riuscita di questa collaborazione.
QUESTO UOMO CHE ATTIRA
Subito dopo la sua elezione, il Papa doveva ricevere il Corpo diplomatico. Il pro-Segretario di Stato non assiste al ricevimento ma, all'uscita dall'udienza il Corpo diplomatico va a vedere anche Mons. Merry del Val:
«Dopo le prime parole di scambievole saluto seguì una pausa ed io notai che essi apparivano impressionati. La conversazione procedeva piuttosto lenta. Io li andavo interrogando se fossero stati soddisfatti della loro udienza, se il Santo Padre aveva fatto loro un discorso. Le risposte venivano quasi a monosillabi... Io cominciavo a sentirmi un po' a disagio, stavo pensando tra me stesso che cosa potesse essere accaduto, se vi fosse stato qualche spiacevole incidente, quale insomma la causa di quella eccezionale riservatezza e serietà di contegno. Ma senza preambolo il ministro di Prussia sciolse l'enigma: "Monsignore - egli mi disse testualmente — ci dica dunque che cosa ha questo uomo che attira tanto".
"Sì, ce lo dica" mi ripeterono parecchi altri diplomatici.
No, nulla di eccezionale era accaduto. Tutti soggiunsero che Sua Santità non li aveva intrattenuti molto a lungo, e che, dopo una breve risposta all'indirizzo letto dal loro Decano, fatto il giro della Sala, e, salutato ciascuno di essi, si era ritirato nelle sue stanze private, ma li aveva lasciati "sotto il fascino della sua personalità".
Ma quando i diplomatici si allontanarono, rimasero impresse nella mia mente le loro parole ed alla loro interrogazione: "Che cosa ha quest'uomo che attira tanto?" mi sembrava di udire come una voce che rispondesse: "Ha la santità, perché egli è veramente un uomo di Dio"».
RITRATTO DI UN SANTO
«Non preponderanza eccessiva - dirà Pio XII - della forza sulla prudenza. Al contrario queste due virtù, che danno l'unzione sacra a coloro che Dio sceglie per governare, furono in Pio X equilibrate a tal punto che, all'esame oggettivo dei fatti, egli appare così eminente nell'una come sublime nell'altra».
Bontà - La prima caratteristica che il Cardinale rileva nei suoi ricordi è la bontà del Papa:
«II carattere amabile di Pio X e l'innata gentilezza del suo animo vengono indistintamente attestati da tutti coloro che ebbero qualche contatto con Lui, mentre, con unanime ammirazione, si esalta dovunque la sua bontà.
Né ciò deve meravigliarci perché i tratti così spiccati della sua Persona non potevano non impressionare l'animo delle migliaia di persone che Lo avvicinarono durante gli undici anni del suo Pontificato, senza parlare di quelli che personalmente conobbero l'inesauribile carità, il suo spirito di sacrificio, il suo zelo ardente per la salvezza delle anime». Questa bontà si manifesta più chiaramente quando si tratta di riprendere qualcuno...
«Tra i molti esempi posso ricordare che una mattina il Santo Padre stava per ricever in udienza una persona che aveva gravemente mancato ai propri sacri doveri. Era un caso ben triste e l'intervento personale del Papa si era reso necessario poiché il colpevole aveva gettato ogni ritegno e sembrava poco disposto a pentirsi od a ricevere correzioni. Io trovai il Santo Padre molto mesto e stanco. Mi confidò di avere passato una notte insonne, pensando all'incontro dell'indomani ed alla necessità di parlare con la massima severità. Egli era risoluto di fare così - soggiunse - ma gli costava molto, perché, comprendeva bene che sarebbe stato un grave colpo per l'infelice colpevole.
Dica un'Ave Maria per me, Eminenza - mi disse - affinchè il Signore benedica questa udienza e quel poveretto non si ribelli e non mi costringa ad andare più avanti.
Poche ore dopo il Santo Padre era raggiante di gioia.
-Sa, tutto è andato bene - così mi assicurava con un sorriso - il povero uomo finì per riconoscere la verità di quello che io dicevo. Io non l'ho risparmiato, ma egli si è sottomesso ed ora dobbiamo fare quanto è possibile per aiutarlo».
Forza - «Ma se si dovesse pensare, prosegue il Cardinale, che questa caratteristica in Pio X descriva tutto l'uomo o che in qualche modo ne comprenda i grandi doni e le singolari prerogative, di cui Egli era in sommo grado adorno, sarebbe un errore e nulla sarebbe più lontano dalla verità, perché, accoppiata a questa bontà e a questa sua tenerezza, c'era in lui una invitta fermezza di carattere ed una energia di volontà, di cui possono testimoniare quanti lo conobbero a fondo e che spesso impressionò coloro che esperimentarono le costanti prove della sua abituale dolcezza.
Quando veniva sollevata qualche grave questione, nella quale i diritti e la libertà della Chiesa richiedevano di essere affermati e fermamente sostenuti, quando la purità e l'integrità della dottrina cattolica dovevano essere strenuamente difese o quando si doveva mantenere la disciplina ecclesiastica contro rilassatezze ed influenze profane, allora Pio X rivelava tutta la forza e tutta l'energia del suo carattere, il vigore inflessibile di un grande governatore, compenetrato della responsabilità del suo altissimo ufficio e dei gravi doveri che egli doveva compiere a qualunque costo. In simili occasioni era assolutamente vano di scuotere la sua costanza. Qualunque tentativo per intimorirlo con minacce o lusingarlo con pretesti o con ragioni puramente sentimentali era inevitabilmente destinato a fallire.
Io l'ho visto in simili casi, dopo giorni di riflessione ansiosa e di numerose notti di insonnia, posare il braccio sul tavolo di lavoro, chiudere il pugno, serrarlo fortemente, poi, sollevando la testa, il suo sguardo di solito dolce e calmo, diventato severo, pronunciare, con delle parole ben ponderate, il suo giudizio. Si comprendeva che in quel momento non c'era più niente da dire o da fare».
Questa forza soprannaturale è messa completamente al servizio della Chiesa.
«Tranquillamente, imperturbabilmente, egli ha denunciato, condannato il male ovunque lo vedeva; nessuna considerazione ha potuto farlo piegare. Pio X ha dimostrato di essere un grande uomo di governo. Il suo nome resterà per sempre legato alla riorganizzazione dei sacri dicasteri, delle congregazioni romane e alla codificazione del Diritto Canonico, opera colossale, che una volta compiuta avrebbe portato la semplicità, la luce, la forza, l'unità nel governo della Chiesa
Giammai un Pontefice è stato più riformatore e più moderno di questo intrepido avversario del modernismo. Fedele al suo motto, egli ha intrapreso a tutto restaurare ed a tutto rinnovare in Cristo !».
Umiltà - «Ubi humilitas ibi majestas, la dignità è figlia dell'umiltà. La verità di questo detto di Sant'Agostino raramente è stata così pienamente confermata come nella persona di Pio X. (...).
Confesso che non ho mai capito come qualcuno potesse arrischiarsi di adularlo poiché perfino una parola spontanea di schietta e sincera ammirazione alla sua presenza sembrava essere fuori posto per rispetto al candore e alla dignità del suo carattere.
Davanti a Pio X nella sua vita privata, si aveva l'impressione che fosse necessario quasi uno sforzo per ricordarsi che era egli il Sommo Pontefice dotato di tutte le prerogative di Vicario di Cristo. Egli si considerava come il modesto sacerdote di un tempo o come uno dei molti Vescovi, senza pretendere speciale distinzione. Ma nell'esercizio della sua sovranità e del suo magistero nessuno avrebbe potuto superarlo nella maestà del portamento o nella energia del comando. Nondimeno, come regola, gli sembrava naturale mettere da parte la sua eccelsa dignità per assumerla di nuovo quando l'occasione lo richiedeva, allo stesso modo che soleva deporre o riprendere la tiara e gli indumenti che doveva portare durante le solenni cerimonie nella Cappella Sistina o nella Basilica di San Pietro».
Se tollerava le ingiurie a se stesso, non sopportava che si attaccassero ingiustamente i suoi collaboratori e in modo particolare il suo Segretario di Stato:
«È inevitabile che un Segretario di Stato non abbia a subire l'attacco di molte critiche, sia in pubblico che in privato. Egli deve necessariamente sopportare il peso di ingiurie immeritate per gli errori di altri e portare la responsabilità di atti o di decisioni che non sono suoi. Ciò causava a Pio X una vera afflizione:
"Io non posso tollerare una simile ingiustizia, così soleva dire, gridino pure contro di me se loro aggrada. Se qualcuno è in errore sono io. Perché Lei deve essere sempre biasimato per ogni cosa?"».
segue parte 2 e 3
Fonte: don Jacques-Yves Pertin
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