In un appunto attribuibile a Pio X, ritrovato e studiato negli Archivi Vaticani da Paolo Valvo, Ricercatore dell’Università Cattolica, che ne ha offerto un’edizione critica sulla Rivista di Storia della Chiesa italiana, si legge: “È tempo di finirla con i Diplomatici di salone, che hanno poco o nulla di ecclesiastico, sono spesso occasione di ciarle malevole e danno una triste idea della diplomazia Pontificia”, e nel provvedere a certi posti Curiali per i quali non si esigono qualità eminenti “sarebbe bene dichiarare esplicitamente” ai titolari che si intende escluso “ogni diritto” al Cardinalato per evitare di aumentare “il numero delle nullità nel S. Collegio”.
“L’appunto fino ad ora inedito - scrive Valvo – fornisce un quadro sintetico delle riforme che avrebbero dovuto essere affrontate nei primi anni del Pontificato” di Papa Sarto.
Si tratta di 14 fogli dattiloscritti e non firmati, destinato ai 15 Cardinali membri della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari. Non è stata trovata la minuta del documento, ma anche se non ci sono elementi che permettano di sostenere che l’appunto sia stato stilato personalmente dal Pontefice, “tutto fa pensare che sia stato quanto meno ispirato da lui”. L’estensore materiale potrebbe essere stato Monsignor Pietro Gasparri, futuro Segretario di Stato.
Nel documento si trattano vari temi: il rapporto della Santa Sede con la Chiesa universale, la riforma della Curia e la situazione economica della Santa Sede, la libertas Ecclesiae tra fede e diplomazia, la “codicizzazione” del Diritto Canonico, la realizzazione di un catechismo universale “o almeno nazionale”.
L’appunto traccia un identikit del Diplomatico Pontificio: I Rappresentanti del Papa “devono essere ecclesiastici di condotta non solamente morale, ma esemplarmente ecclesiastica. È tempo di finirla – si legge – con i Diplomatici da salone, che poco o nulla hanno di ecclesiastico, sono spesso occasione di ciarle malevole e danno una triste idea della Diplomazia Pontificia: il Rappresentante Pontificio è prima ecclesiastico e poi diplomatico”.
Si afferma anche che non si deve “mai promuovere ad una missione più alta chi per una od altra ragione non ha saputo disimpegnare degnamente una missione inferiore”. Inoltre, bisogna far intendere “chiaramente ai nuovi promossi” che non esiste “una carriera propriamente detta, ossia non esiste passaggio di diritto da una missione inferiore a una superiore”. E si raccomanda ai Nunzi di “tenersi più in contatto con i Vescovi, per esempio invitandoli spesso a pranzo”.
In uno dei punti riguardanti la situazione economica della Santa Sede, anche allora “difficile”, si afferma: “Vi sono in Curia dei posti che anticamente avevano grande importanza, ma oggi sono titulus sine re”, cioè titoli e incarichi quasi puramente onorifici, pur rimanendo Cardinalizi. Pio X ritiene che vadano mantenuti gli onori, ma soppresso “tutto o quasi tutto” lo stipendio.
“Inoltre, nel provvedere a questi posti, sarebbe bene dichiarare esplicitamente ai titolari che si intende escluso ogni diritto anche in sensu lato al Cardinalato, altrimenti accade che la S. Sede conferisce questi posti senza esigere nei titolari qualità eminenti, che in realtà oggi non sono necessarie per i medesimi, ed i titolari poi pretendono, in ragione del posto, il cappello Cardinalizio, aumentando così il numero delle nullità nel S. Collegio”.
Infine, nell’appunto si propone di “sopprimere ogni stipendio” a quei Cardinali che “per l’ufficio che disimpegnano, hanno la casa, poiché questa rappresenta già una equa retribuzione”; mentre a quei Cardinali che non hanno la casa “dovrebbe fissarsi una retribuzione identica per tutti, per esempio L. 3000 circa annue”.
Fonte: Nicola Nuti in News Cattoliche
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