Era approdato a Mantova per obbedienza; è lecito infatti supporre sia stato Lucido Maria Parocchi – Cardinale Vicario di Papa Leone e per di più mantovano – a suggerire il nome del Sarto, per la diocesi vacante di Mantova. Una città tormentatissima, che aveva letteralmente sfiancato, in successione, tre vescovi: Corti, Rota e Berengo.
Era il 1884 ed il Berengo era appena stato trasferito ad Udine, data l’aria migliore. Mantova era dunque libera, ma non ambita! Il nome di mons. Giuseppe Sarto venne dapprima sussurrato alle auguste orecchie di Papa Pecci, poi fu spiegato ed infine fu raccomandato.
Cosa poteva sapere il Papa di quell’oscuro Monsignore veneto, che aveva passato mezzo secolo della sua vita a rinnegare sé stesso? A scansare ogni onore e, in contraccambio, lavorare senza tante storie? Niente.
Leone XIII alla fine si convinse: Giuseppe Sarto aveva tutti i titoli (oggi si direbbe tutti i «numeri») per indossare le calze violacee ed infilare l’anello episcopale e tutto il resto; un resto che il futuro vescovo avrebbe sintomaticamente definito «un croson», cioè una croce pesante, al limite delle forze. Lui protestò, poi si rassegnò, come si sarebbe rassegnato, in avanti, alla nomina cardinalizia (1895) e alla elevazione pontificia (1903).
Mantova la conosce solo di striscio; a pochi chilometri dalla città, al limite estremo del Lago Superiore, sorge «Grazie», cioè un paese ed un santuario dove erasi stabilito il fratello Angelo Sarto, il quale dopo una certa carriera militare, si era trasformato sotto il nuovo governo, in regio postino italiano.
E a Grazie arriva una lettera riservatissima, in cui mons. Sarto accenna al fratello alla nomina episcopale e si raccomanda, per l’amor di Dio, di tenere la bocca ermeticamente chiusa. Raccomanda anche una preghiera nel Santuario che dista quattro passi, davanti ad un’immagine della Madonna, la cui fama era ormai dilatatissima. Con una certa aderenza alla verità, si potrebbe sostenere che uno dei primi conforti di Mantova al novello vescovo Sarto, venne proprio da questa Madonna detta «delle Grazie».
Per comprendere bisogna risalire molto indietro, addirittura ai primissimi anni di vita di Giuseppe, anzi di Bepi o Beppino Sarto; ragazzino già giudizioso, di una piccola ma già nota «Riese», perché vi era nato Jacopo Monico, poi Cardinale-Patriarca di Venezia, allora felicemente vivente.
Bepi scoperse la devozione alla Madonna, complice un Santuario, quello delle «Cendrole», che dista da Riese appena una passeggiata, lungo una strada abbracciata da alberi. Solida, gentile, la chiesa spuntava dalla campagna perfettamente sola, abbandonata fra il verde e il silenzio; pietre vecchissime per una devozione vecchissima! Qui il bambino Sarto ricevette la prima impronta, quella che non si dimentica più.
E infatti ricorrentemente – durante tutte le tappe della sua «inesorabile» carriera, non molto spiegabile con motivazioni semplicemente umane – il suo pensiero andava a quella Madonna; esistono lettere, scritte anche da Papa, che recano espressioni delicate e piene di malinconia per la Madonna delle Cendrole.
Quindi si può comprendere la sua «disponibilità» verso la Madonna delle Grazie, in quel di Mantova; una profonda devozione che continuava nel tempo, anche se in una terra diversa e sotto una forma diversa. I modi escogitati dagli uomini per onorare la Madre di Dio sono infatti infiniti: cambia un nome, cambia una immagine, cambia una tradizione, ma il nocciolo resta.
Riese (è bene ricordare che ci riferiamo agli anni che vanno dal 1885 al 1894) è troppo lontana, non facilmente raggiungibile, ma Grazie è vicina. Anche al trotto di un cavallo la si può raggiungere in meno di un’ora. Quindi non è difficile immaginare le periodiche puntate del Vescovo Sarto al paese, tra alghe e canneti; non è difficile immaginarlo in breve visita al fratello. È facilissimo, poi, rivederlo nel Santuario, immerso nella preghiera, nel raccoglimento, staccato dal mondo, solo con sé stesso e con la sua fede.
Egli diverrà Santo. Sapendolo, è difficile resistere alla tentazione di non scorgere in Lui un predestinato. Tutte le biografie (una serie che ha ormai raggiunto le tre cifre) testimoniano del suo modo di pregare: una sbalorditiva concentrazione, una illuminazione interiore ed autentica, una fede granitica!
Una fede che ha trovato nella devozione alla Madonna delle Cendrole prima, e in quella delle Madonna delle Grazie poi, una naturale esaltazione.
Autore: Cesare de Agostini, da Cendrole in Riese Pio X, nel primo millennio della sua storia cristiana 972-1972