L’incomparabile raggiera, che fa di sfondo all’altare della Cattedra di San Pietro, ideata e realizzata dal genio del Bernini, dal 1672 attendeva di accogliere, fra la gloria dei suoi angeli, l’immagine di un Beato, ma di un Beato che fosse Pontefice Romano.
Fra i «Pii» che vi apparvero furono PIO I°, veneto di Aquileia, campione di umiltà e di eroismo nella lotta contro gli eresiarchi Talentino, Cerdone e Marcione, morto nell’anno 167 d.C. e PIO V°, nel 1672, Gerarca sommo al quale predisse il pontificato San Filippo Neri e San Carlo Borromeo gli fu assertore il più valido ed infuocato per la elezione. Con quest’ultimo Pontefice parve chiusa la serie dei Papi glorificati, ma non fu così: dieci anni or sono e precisamente il 3 giugno 1951, comparve in quella raggiera, sfolgorante di luce, nel tripudio di invocazioni e di lagrime, anche PIO X° “non più come nocchiero lottante faticosamente alla barra, contro elementi scatenati, ma come un protettore glorioso, che dal Cielo avvolge la Chiesa col suo sguardo tutelare, nel quale brilla l’aurora di un giorno di consolazione e di forza, di vittoria e di pace” (Pio XII).
Anche Pio X° ebbe pari pronostici al pontificato, che l’episodica ama annoverare senza poterlo provare ed autorevoli pronostici alla santità. “Era la prima volta che avvicinavo il Cardinale Sarto e sentii esser stato come alla presenza di un santo”. Così il Segretario del Conclave del 1903, poscia Cardinale Segretario di Stato di Pio X, Cardinale Raffaele Merry del Val.
Lo statista francese Emilio Ollivier, già ministro di Napoleone 3°, lasciò scritto: “Se circostanze difficili sorgessero, si possono aspettare da Pio X grandi cose; saprà essere all’occorrenza un Eroe ed un Santo”. Ludovico Von Pastor, grande storico tedesco, affermò che chiunque avvicinava Pio X “aveva la sensazione e la convinzione profonda di trovarsi al cospetto di un Santo”; il Giornale d’Italia del 22 agosto del 1914 proclamava: “La storia ne farà un gran Papa e la Chiesa ne farà un gran Santo”; infine lo stesso Pio XI, parlando al pellegrinaggio veneto del 1935, sottolineava che “Pio X fu sole, fu fiamma di ardente carità, fu fulgore abbagliante di santità”.
Il giornalista Giuseppe De Mori, da pari suo, poteva scrivere: “Se si potesse fare i santi per acclamazione, noi vedremo le turbe inginocchiarsi ad un grido, elevantesi sul clamore della vita. Pio X!”.
In un certo senso sembra che ciò si sia avverato, in quanto da ogni parte del mondo giunse a Roma la invocazione della folla, qualificata od anonima che aveva in sé il grido prorompente della acclamazione: di quella acclamazione che, in sommessa obbedienza, chiedeva ed attendeva il sigillo della suprema infallibilità, che venne … “dopo aver celebrato il Divino Sacrificio dichiarammo che si poteva con tutta sicurezza procedere alla solenne Beatificazione del Venerabile Servo di Dio Pio X e stando così le cose, Noi, per soddisfare i voti della Chiesa universale, con la Nostra Autorità Apostolica permettiamo che il Venerabile Servo di Dio PIO X d’ora in poi si chiami «Beato»”. (Pio XII).
Era dunque l’universalità della Chiesa, cioè dei fedeli di tutto il mondo, che urgeva per l’appagamento del desiderio della glorificazione di Papa Sarto e furono, per una consolante constatazione, le suppliche del Sacro Collegio Cardinalizio, di Cardinali residenziali, di Arcivescovi e Vescovi in conferenze episcopali, di Presuli dell’Italia, di Francia, di Germania, di Inghilterra, della Svizzera, dell’Olanda, di Scozia e di Cecoslovacchia, della Romania, dell’Armenia, della Russia, degli Stati Uniti d’America, quelli del Venezuela, Brasile, Isole Filippine, Australia, Tasmania, Nuova Zelanda; furono le suppliche di tutti i capitoli Diocesani, delle Prefetture e Nunziature Apostoliche, di Ordini e Congregazioni religiose, di sette Congressi Eucaristici e due Congressi Liturgici e Catechistici. Fu la voce dell’innocenza, dell’Azione Cattolica, della pietà sacerdotale, dello studio e della scienza universitarie; fu la supplica di autorità civili, di devoti senza nome e senza numero, moltissime delle quali arrivavano dalle trincee, dai pericoli di guerra, dal pianto e dal dolore dei lutti bellici!
Fu giustamente osservato che il primo miracolo per la Beatificazione di Pio X fu lo stesso breve periodo di tempo trascorso dal suo pio transito (1914) alla proclamazione a Beato (1951); soli trentasette anni di studio, di analisi, di processi diocesani ed apostolici, di audizione di testimonianze, di revisione di scritti, di sondaggio di atti di governo spirituale, di severissima verifica di grazie e miracoli, di ricognizione della Salma, di controllo del non culto. Trentasette anni di preghiere e la venerata Tomba, rinchiusa nelle Grotte Vaticane, poteva ben testimoniare degli intimi colloqui tra anime in pena, in angustie, in tormento e la spoglia del mite Dormiente. Trentasette anni di una attesa vivificata da una bibliografia copiosa quanto mai, forse come nessun’altra del genere, nella quale alla fonte storica si intrecciano il racconto, l’episodio, l’aneddoto, giacché anche questo è da annotarsi “che la vita di Pio X olezza tutta di leggenda, del senso classico della parola, cioè di una lettura popolare edificativa e ricreante; non c’è da meravigliarsi, quindi, che entro una storia che richiama le leggende dei santi ed è un esponente di verace santità, si interpoli la leggenda, oppure si innesti l’aneddoto, i quali, finché si ispirano al genuino carattere ed alla figura storica di Pio X, possono concorrere a creare intorno alla storia quell’alone di leggenda, che non manca mai alle grandi figure della storia” (G.d.M.).
A rendere più consolante il ritorno decennale della Beatificazione di Pio X stanno una recentissima pubblicazione sul «Vescovo di Pio X» di Pare Fernando da Riese, Cappuccino ed i prossimi riti solenni, in Riese e Treviso, determinati da Mons. Mistrorigo Vescovo diocesano, con quel fattivo amore devoto che tanto lo distingue, per il santo Pontefice.
La consolazione di questo ritorno decennale poggia soprattutto nella constatazione che il vincolo della fede e dell’amore, del sacrificio e dell’operare silenzioso e fattivo del Vescovo di Pio X (Mons. Andrea Giacinto Longhin da Treviso) e dello stesso Pio X, legò queste due anime nella luce e nella essenza della vita francescana, il Vescovo per quella sublime vocazione alla vita religiosa conventuale che, appena sbocciata seppe affermarsi anche contro forti ostacoli e poscia metter radici; il Pontefice per quello spirito di “povertà e carità”, per quell’anelito di “pace e bene” che contraddistinsero la vita, l’azione e la stessa morte del santo Papa così che anche per entrambe queste Anime echeggia il verso del Divino Poeta:
"Francesco e Povertà per questi amanti. Prendi oramai nel mio parlar diffuso” e per Pio X, in particolare, incide questo felice accostamento: “Se il Subasio, la Verna, la Porziuncola, tra colle e pianura, sono i luoghi di san Francesco, Riese, le Cendrole, il Grappa, tra monte e pianura, sono i luoghi di san Pio X” (Luigi Stefanini).
Fonte: Ignis Ardens luglio-agosto 1961