E’ pauperismo? No, è Vangelo

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Papa Francesco Foto Vatican Media

Vangelo sociale. A colpire Francesco sono i bassi tassi di natalità in Italia. Così si perde il legame con il futuro. Come pure la cultura dello scarto porta all’eutanasia nascosta degli anziani. Che vengono abbandonati. Invece di essere considerati come la nostra memoria.


Il legame con il passato è una risorsa di saggezza per il presente. Il Papa si interroga incessantemente. Quale sarà il prossimo scarto? Ed esorta tutti a fermarsi in tempo. A non rassegnarsi. A non considerare questo stato di cose come irreversibile.


Occorre cercare di costruire una società e un’economia dove l’uomo e il suo bene, e non il denaro, siano al centro. Secondo il Pontefice che vuole una “Chiesa povera per i poveri”, c’è bisogno di etica nell’economia. E c’è bisogno di etica
anche nella politica. Più volte vari capi di Stato e leader politici gli hanno parlato di questo. Hanno detto: i leader religiosi devono aiutare. Dare indicazioni etiche. Il ragionamento di Francesco è da leader morale del pianeta.


Il pastore può fare i suoi richiami. Ma servono uomini e donne con le braccia alzate verso Dio per pregarlo. Consapevoli che l’amore e la condivisione da cui deriva l’autentico sviluppo, non sono un prodotto delle nostre mani. Ma un dono da chiedere. Lo ricordava già Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in Veritate“.


Al tempo stesso Jorge Mario Bergoglio è convinto che ci sia bisogno di uomini e donne che si impegnino. Ad ogni livello. Nella società. Nella politica. Nelle istituzioni. Nell’economia. Mettendo al centro il bene comune. Dunque non si può più aspettare a risolvere le cause strutturali della povertà. Per guarire le società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi.


I mercati e la speculazione finanziaria non possono godere di un’autonomia assoluta. Senza una soluzione ai problemi dei poveri non risolveremo i problemi del mondo. In questa ottica il Pontefice invoca programmi, meccanismi e processi. Orientati a una migliore distribuzione delle risorse. Alla creazione di lavoro. Alla promozione integrale di chi è escluso.


Risuonano nel pontificato di Francesco le parole forti e profetiche di Pio XI. Nell’ enciclica “Quadragesimo Anno”. Contro l’imperialismo internazionale del denaro. Secondo Jorge Mario Bergoglio il suo predecessore “aveva detto la verità dopo la crisi economico finanziaria del 1929. E da buon alpinista vedeva le cose come stavano. Sapeva guardare lontano”. E restano ancora valide le pagine della “Populorum Progressio“. Nelle quali si dice che la proprietà privata non è un diritto assoluto. Ma è subordinata al bene comune.


E quelle del Catechismo di san Pio X, che elenca tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio l’opprimere i poveri e il defraudare della giusta mercede gli operai, “non solo sono affermazioni ancora valide, ma più il tempo passa e più trovo che siano comprovate dall’esperienza”, sostiene Francesco.


Secondo Jorge Mario Bergoglio “i poveri sono carne di Cristo. Prima che arrivasse Francesco d’Assisi c’erano i ‘pauperisti’. Nel Medio Evo ci sono state molte correnti pauperistiche. Il pauperismo è una caricatura del Vangelo e della stessa povertà. Invece san Francesco ci ha aiutato a scoprire il legame profondo tra la povertà e il cammino evangelico. Gesù afferma  che non si possono servire due padroni.

"Dio e la ricchezza. È pauperismo? Gesù ci dice qual è il ‘protocollo’ sulla base del quale noi saremo giudicati, è quello che leggiamo nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Ho avuto fame. Ho avuto sete. Sono stato in carcere. Ero malato. Ero nudo. E mi avete aiutato. Vestito. Visitato. Vi siete presi cura di me.

"Ogni volta che facciamo questo a un nostro fratello, lo facciamo a Gesù. Avere cura del nostro prossimo. Di chi è povero. Di chi soffre nel corpo, nello spirito. Di chi è nel bisogno. Questa è la pietra di paragone. È pauperismo? No, è Vangelo”.

 

 


Fonte: Giacomo Galeazzi in IN TERRIS

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